domenica 3 luglio 2016

Attraverso il cattivo : dr. Deker

Due bocche : una di metallo sopra quella vera. Dai bottoni non filtra luce ma la sua lama colpisce sempre. Philip K. Deker e la sua maschera spargono sangue a non finire. Il teatro degli orrori? Ovunque, nella città e nel cimitero di Midian. Vittime di ogni tipo nelle 2 h e 25 m del film “Nightbreed” di Clive Barker (1990), distribuito in Italia con il titolo “Cabal”.




L’opera riguarda la figura di Boone, un uomo affascinato da un mondo di mostri visto nei suoi incubi, che scopre della sua esistenza nella realtà e diviene parte di questo, andando incontro ad una guerra tra il suo nuovo popolo e gli umani che lo minacciano. Dr. Deker è nemico di Boone. Egli è uno psichiatra e un assassino. La maschera che indossa è inquietante, ma non quanto chi sta sotto.

The Buttonface : la maschera
Dr. Deker è principalmente un assassino. Di lui colpisce l’aspetto, una copertura, una maschera. Non si era mai visto niente di simile : è un elemento assolutamente originale e del film, che diventa iconico per chi lo guarda.

Questa è un rivestimento in lattice della testa e del collo. Della faccia ricalca solo i tratti essenziali della forma e del naso. Il risultato è un lavoro chirurgico: bottoni che sostituiscono occhi, pressati nella zona oculare ; bocca spostata con le labbra di ferro della zip ; cuciture da Frankenstein ; pelle tirata verso il naso e gli occhi. Al posto degli occhi vi sono due bottoni neri con una croce bianca posti in modo tale che le linee delle croci si tocchino in diagonale. Le narici sono due linee curve, allungate, fatte di cucitura, e puntano verso l’esterno della faccia. Dove si fermano queste, sotto, abbiamo la bocca, una cerniera che va oltre il confine facciale. Narici e bocca rompono la simmetria del viso. Sembra quasi che da un punto in basso della testa qualcosa stia risucchiando le parti del viso, deformandolo. Si trovano altre cuciture : tre sopra la testa; una alla fine della bocca, fuori dalla faccia, che prosegue dritta all'indietro; una che nasce da questa, vicino alla bocca, e attraversa il collo in obliquo; una sulla mandibola a sinistra. Sulla superficie sono sparse delle piccole rientranze.

La maschera e gli omicidi
Il nostro uomo è un assassino che stermina famiglie. Fa la sua comparsa all’inizio del film, in cui si macchia l’animo di uno dei tanti delitti, una delle altre famiglie cadute ai suoi piedi. I nuclei familiari sono stati oggetto del suo massacro, ma egli uccide anche i mostri e chiunque interferisca con suoi piani. Boone è tra questi.

Le armi possedute da Deker sono diverse. Una delle scene mostra la quantità e la varietà degli strumenti del carnefice. All’inizio abbiamo il dettaglio di un giornale, lasciato cadere da Deker, che riporta in prima pagina il furto della salma di Boone (egli è morto da umano e rinasce da mostro). L’uomo poi riproduce una registrazione con le parole di Boone, si siede e ascolta. Al terzo stacco, un’inquadratura ordinata per la simmetria del fondo della stanza e la prospettiva degli elementi, tra cui il tavolo (alla cui fine sta il dottore), include l’equipaggiamento che prima la macchina da presa nascondeva. L’inimmaginabile. O forse no da una persona così enigmatica che scopre piano piano ogni aspetto di sé, uno più terribile dell’altro. Sul tavolo: 17 armi tra spade e coltelli, delle lame ricurve, uncinate, dentellate. Quelle che maneggia nel film sono soltanto due: un machete e un coltello a serramanico.



Chi è Philip Deker?
Il nostro personaggio due-facce è un killer ma anche uno psichiatra. Le due figure riunite in una sembrano scontrarsi, sembra esserci una logica controversa. Ma a Deker non interessa fare il medico se non per celare il suo profilo di assassino. Inoltre una persona dedita all’omicidio di infanti e più grandi (6 famiglie in 11 mesi), disturbata e incosciente, fredda e disumana, non potrebbe mai curare la mente degli altri. La terapia dei sogni con Boone è l’occasione per incastrare un innocente negli omicidi compiuti : egli raccoglie i dati sui sogni del paziente, popolati da mostri, tra i quali vi è Boone, un altro mostro che uccide. Questa è la testimonianza di un uomo senza peccato, turbato da tanti incubi orribili, ma il dottore usa le sue parole per tracciare alla polizia il ritratto di un uomo instabile che possa essere coinvolto negli atti efferati. Deker è uno specialista che segue in sedute psichiatriche Boone. Chi altri meglio di lui può conoscere la mente del paziente? I dati vanno contro Boone, e lo associano ad un killer. Tutti ci credono. Anche la sua ragazza, Lori. Il dottore è abile nell’argomentare e persuadere, ed è freddo, non si scompone. L’apparenza delle cose prende il sopravvento sulla verità, che solo l’innocente conosce.
                                                                        


         


  





"Sono la morte. Pura e semplice." Il perché uccide è un elemento x del processo di focalizzazione esterna del film. Questa è una funzione per cui il flusso delle informazioni del personaggio (pensieri, emozioni, sensazioni, e altro) sono sconosciuti, poiché il narratore non ce li mostra. Il personaggio sa di più rispetto allo spettatore e non si rivela apertamente. Il regime di informazioni cambia nel momento in cui noi sappiamo quanto un personaggio, o più, attraverso immagini e parole. E proprio quando Deker tiene legato alla sedia con una corda il proprietario di una stazione di sevizio, per interrogarlo sui mostri di Midian, egli incomincia a parlare e a rendere più chiara la sua figura. “Purifico il mondo distruggendoli. E purifico me stesso.” Uccide chi per lui è inutile per la società. Seleziona famiglie di incapaci che producono altra inettitudine e le stermina. Lo stesso fa con i mostri : non tollera il diverso, per forma e capacità (anche sovraumane), e vuole conformare il mondo eliminando le irregolarità e le stranezze.



Se la maschera passa inosservata, di certo non il carattere di questo personaggio. L’orrore del film sta nell’aspetto dei personaggi e soprattutto nelle loro azioni. E la fonte maggiore di orrore si chiama Philip K. Deker.

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